Fioravante Seibezzi (Venezia 03/11/1906 - Ivi 14/08/1974) a quattordici anni affermò "voglio imparare la pittura". Come scrisse nel Gazzettino lo studioso Ugo Facco de Lagarda nel 1946, ha messo in pratica il consiglio del pittore Ponga: "ecco, è tutto qui: copiare dal vero, aver fede, perseverare nel lavoro, non credere mai perfetto ciò che riesce facile. E soprattutto, lasciarsi guidare dall'istinto".
Prima di delineare una breve biografia, si pone attenzione sulla data del decesso: quale tra 1974-75-76 o altre? In questa sede come curatore del progetto rivalutativo di tali artisti, definisco senza ombra di dubbio l'anno 1974. Data riportata anche dal critico Paolo Rizzi in diversi scritti e recentemente ri-confermata anche dal collega giornalista Fancesconi. Pertanto molti documenti, siti web e cataloghi quali per esempio "La Valigia Ieri e oggi", "Settepittori Settemondi La Bohème di Palazzo Carminati" riportano clamorosamente la data errata del '76. Diversi riportano addirittura altre annate.
All’età di dodici anni si recò a Milano dove fece diversi lavori quali spazzacamino e manovale. Durante la seconda guerra mondiale partecipò alla resistenza anti fascista e nazista. A livello artistico il pittore Fioravante è stato, alla fine degli anni Venti, colui che ha ripreso la veduta lagunare in stile impressionista. Fin da giovane è stato considerato uno tra i più dotati tra i giovani appartenenti alla seconda generazione della Scuola di Burano. Una vena mantenuta sempre altamente lirica, ma stemperatasi a fine carriera (come indicato anche da Rizzi) in un monologo fatto da molteplici barene dalla forma pseudo ellittica.
Seibezzi si forma come autodidatta e aderisce al postimpressionismo lagunare di Venezia. Si dedica al paesaggio en plein air, traducendo quell'immediatezza francese attraverso colori puri e luminosi. A scoprire il suo talento è Cesare Laurenti, che gli mise a disposizione i mezzi, affinchè potesse dedicarsi esclusivamente alla pittura. Lo stile della pittura di Seibezzi propone un vedutismo chiarista con una maniera ariosa, corsiva, sensibile alle variazioni tonali e alle trasparenze, espressa da pennellate rapide, leggere e sommarie.
Il critico d'arte Alain Chivilò concordando con quanto indicato segnala come “la pittura sia sempre soave e delicata, mai fortemente cromatica. La tradizione colorista del quattrocento veneto è anche in Seibezzi testimone all’interno di un tratto sempre determinato ma nebuloso nella sua interezza”.
Anche Ivo Prandin nella sua disamina critica scrisse: “Seibezzi è della pasta dei Monet: non si può dargli torto se la sua pittura era fatta così (e se il suo retroterra culturale era povero, come quello di una città in disarmo come Venezia). I ritardi storici, in fondo, sono sempre relativi: basterebbe, a confermarlo, la priorità di Seibezzi nella ripresa del vedutismo canalettiano".
A livello espositivo, il suo esordio avvenne alla XV Biennale di Venezia del 1926 dove vinse il premio "Marini Missana" (altro riconoscimento ricevuto anche nell'edizione del 1936). La sua partecipazione alla Biennale continuò in diverse edizioni fino al 1956.
Partecipò alla Quadriennale di Roma (1931, 1935, 1948, 1951, 1959), mentre altre mostre figurano a Venezia, Padova, Roma, Cortina d'Ampezzo, Milano, Londra, Auronzo di Cadore e diversi luoghi in Italia e all'estero.
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