INTERVISTA
In questa sezione si riportano pensieri, interviste, commenti di Eugenio Da Venezia.


Mie riflessioni sull’Arte

La pittura è stata ed è la passione più grande della mia esistenza, oserei dire la mia vita stessa. Sin dai primi anni della mia giovinezza Venezia mi incantava e mi sembrava un paese di sogno …..; i suoi canali, i magnifici palazzi, le sue chiese, quella di San Marco con i suoi mosaici, il palazzo ducale, la laguna con le sue isole sparse, con le sue barene, erano per me tutte cose che mi davano la sensazione di vivere in un mondo irreale, un mondo d’incanto.
Venezia ha alimentato il mio entusiasmo giovanile per l’Arte, infondendomi l’ardente desiderio di approfondire sempre di più lo studio della pittura. I grandi Maestri della pittura veneziana dal ‘400 al ‘ 700 mi ammaliavano, come pure mi affascinava la pittura dell’ultima metà dell’ 800 rappresentata dai pittori di grande valore. Dovrei scrivere un intero volume per spiegare le sensazioni, le emozioni, che tutte queste bellezze ambientali suscitavano in me, o per ricordare gli artisti che in tale ambiente avevano operato. Erano certamente il colore e la poesia che emanavano dalla loro arte le cose che più sentivo e mi attraevano.
Tutto il mio studio è stato rivolto ai grandi Maestri del colore, che si ispiravano umilmente alla natura con tutto il suo mistero. Ma quanto più approfondivo lo studio della pittura, tanto più mi accorgevo che era una cosa immensa da acquisire: bisognava impossessarsi della forma, delle varie tecniche intese a conquistarla; in altre parole, apprendere anche il così detto mestiere. Tutti studi estremamente necessari.
Mi accorsi che l’Arte è ben altra cosa ! L’Arte è un dono di pochi e ad essa si arriva soltanto quando un’artista la sente come una vocazione; è una forza che deve nascere dall’Io interiore, è una febbre che brucia e quando si sente questo impulso ad esprimere si deve farlo in qualsiasi ora di giorno, di notte, da sano o ammalato; si avverte l’impossibilità di sottrarsi al suo influsso: ecco perchè sostengo che l’Arte non è una professione, un mestiere, ma una vocazione …. un dono superiore …. “divino” !
Sento la pittura come una musica dolcissima e poetica che assume talvolta accenti drammatici, avverto come una sensazione fantastica ed irreale ricolma di risonanze arcane: e tutta questa musica che sgorga dalla profondità del mio Io deve essere trasformata dalla percezione visiva del colore.
Spesso mi accorgo che basta una pennellata inesatta, non corrispondente a questa armonia sentita, per rovinare, distruggere il lavoro intrapreso …. proprio come una nota stonata nell’esecuzione musicale può rovinare una bellissima sinfonia di un grande musicista.
Mi è successo di trovarmi da mesi a letto ammalato e dio sentire prepotente il bisogno di dipingere. Il medico me lo sconsigliava perentoriamente, facendomi intendere che tale sforzo avrebbe potuto procurarmi conseguenze gravissime; eppure era talmente grande la forza interiore che mi spingeva a dipingere che non badai al consiglio anche se il trasgredire mi avrebbe potuto portare a conseguenze fatali. Dovetti dare sfogo a quell’incentivo che sentivo in me.
Questo non lo dico per dimostrare alcuna bravura particolare, ma per spiegare umilmente la mia natura. In contrapposto però ho avuto dei periodi di abulia da non potere toccare i pennelli per mesi e da non sentire alcun desiderio di vedere quadri miei o di qualsiasi pur grande artista.
Ho studiato tanto la grande pittura del passato, antica e moderna e sono arrivato ad una conclusione: solo i grandi artisti, pittori e scultori hanno toccato e raggiunto con la loro arte il mistero della natura. Penso che questo sia il vero “Astratto” né viene di conseguenza che per molta critica io non sono un pittore moderno, attuale, avveniristico, con tutti gli ….ismi …. ecc, ma un artista tradizionalista forse già superato …. tutto può darsi ….; ma posso dichiarare che più di qualche pittore così detto “Astrattista” ha ammirato la mia pittura perché la sentiva viva, attuale …. come la percepisco io, che mi sento nel mio tempo, perché seguo tutte le manifestazioni, le invenzioni, la cultura di adesso.
La mia sensibilità è sempre aperta a tutte le più varie e disparate conquiste, sia nell’arte che nella scienza: certo che oggi viviamo in un epoca confusionaria, in cui, in arte tutto è permesso e non esiste più alcun controllo. Sono prodotti del tempo in cui viviamo, sia per le guerre, la politica, che per le grandi conquiste della scienza, ma l’Arte è al di sopra di tutte le avvertenze e le cose umane.
L’Arte è una cosa troppo grande, seria, eterna ed è perciò sempre stata solo conquista di pochi.
Ricordo uno scritto a me rivolto dal grande pittore Pierre Bonnard che aveva ammirato le mie opere esposte alle Biennali di Venezia nel 1932 e nel 1934 e mi scriveva: “ad un artista come lei, dotato d’importanti qualità e grande sensibilità di colore, il consiglio che mi permetto dare è di approfondire lo studio della forma, per poterla padroneggiare e alle volte anche apparentemente distruggere”, pure Gino Rossi così diceva: “non si costruisce col colore: si costruisce con la forma”.
Ho tenuto quel consiglio come la cosa più preziosa che ho avuto dai miei Maestri. Per essere fedele a tale consiglio, pur avendo seguito tutti gli studi regolari accademici mi unii al grande amico ed artista Marco Novati per trascorrere due anni, nei mesi invernali, nella sala anatomica dell’ospedale civile e sia pure forniti di qualche bottiglietta di grappa, pieni di entusiasmo riprendemmo a disegnare dal vero pezzi anatomici per approfondire sempre più la conoscenza del corpo umano, cioè della forma. Ritenni questo studio il più importante e redditizio per impadronirmi di essa.
Le opere che ora espongo sono una sintesi di lavoro dal 1930 ad oggi e sono ancora modesta cosa per me in confronto di quella che vorrei avere raggiunto. Alcune opere per me importanti raccolte sia da Gallerie che da Collezionisti privati, specie dalla Francia, Duc de Trèvise ecc. e dalla Svizzera, non sono arrivate in tempo per essere esposte, perché da oltre tre mesi sono stato bloccato a letto ammalato.
Ho dedicato questa mostra, alla quale ho avuto l’onore di essere invitato dal Consiglio della Bevilacqua La Masa, alla mia Cara Compagna scomparsa da circa un anno che tanto mi ha seguito, aiutato, sorretto e consigliato nella mia ricerca pittorica. potrei dire che quel poco che sono riuscito a fare è merito del Suo grande amore e della Sua abnegazione.
Forse non mi sarei sentito ancora preparato abbastanza: avrei voluto potere fare molto di più. Perdonate ! ….

1968, VENEZIA - Mostra Antologica, invitato dal Comune di Venezia alla “Bevilacqua La Masa” - 08 - 22/11/1968. Presentata dal dr. Guido Perocco.


Eugenio Da Venezia e Cesare Mainella

Conoscevo il pittore Cesare Mainella ancora alle prime mostre collettive e personali di Ca' Pesaro. Della sua pittura mi era rimasto soltanto qualche vago ricordo; poi per molti anni lo persi di vista. Lo rividi a guerra mondiale finita, cioè nel 1948. Fu un incontro puramente amichevole e lui mi accennò alla sua vita avventurosa. Seppi, allora, che aveva trascorso molti anni all'estero, in America e in Africa, dove aveva molto lavorato e raccolto soddisfazioni e allori.
Ma un vero contatto con la sua pittura non lo ebbi che nel tardo autunno dell'anno scorso (1967), quando, cioè, mi trovavo nei dintorni di Treporti, luogo in cui spesso, mi diletto vagare e mi trattengo a dipingere.
Questo incontro, veramente casuale, fu da me molto gradito e in questa occasione ebbi modo di vedere molti suoi lavori. Quelli che maggiormente mi colpirono furono una serie di pastelli eseguiti in Africa e nel Sud America: fui sorpreso dalla loro significativa freschezza, dalla loro rappresentazione così valida sia coloristicamente che nella semplicità espressiva. In essi si sprigiona una vena pittorica non comune, un grande amore e un grande entusiasmo interpretativo nel rendere l'ambiente che, per lui, si rivelava pieno di bellezza, una natura così prorompente ed esuberante, così calda e lussureggiante. E cosa dire del ritratto della moglie eseguito all'età di 35 anni? Essa è un'opera veramente importante dove si rivela una grande sensibilità di colore, un'opera soffusa di una calda vena poetica; come pure della ragazza che lavora a tombolo: i due quadri dimostrano una personalità spiccata di pittore puro.
Noi viviamo in un'epoca molto strana; vediamo mostre collettive e personali a ripetizione continua, dove vengono decantate qualità notevoli quando queste, forse, non sono mai esistite. Epoca in cui vengono create celebrità che dopo qualche anno si rivelano superate e dimenticate; dove vengono prese per autentiche forme d'arte, espressioni pittoriche incomprensibili, insincere, prive di qualsiasi qualità sia formale sia coloristica, e di qualsiasi contenuto spirituale.
L'arte è lunga, l'arte è semplicità, l'arte è rivelazione pura di sentimenti umani. Dice Leonardo..."se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice di tutte le opere evidenti di natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione la quale, con filosofica e sottile speculazione, considera tutte le qualità della forma (mare, piante, animali, erbe, fiori) le quali sono cinte d'ombra e di luce. La pittura è partorita da essa natura... perchè tutte le cose evidenti sono state partorite dalla natura, dalle quali è nata la pittura".
E, allora, perchè non riconoscere un autentico artista quando lo incontriamo? Come non riconoscere in questo pittore quanta giovinezza, quanto amore, quanto desiderio di esprimere il suo animo poetico in questi suoi lavori? ... la sua pittura è viva, è semplice, è piena di poesia. Se devo esprimere un augurio, non è a Mainella che lo indirizzo, perchè la sua pittura non ha bisogno di incoraggiamenti; l'augurio lo rivolgo ai giovani: che osservino questi dipinti, che imparino a essere in pittura tanto giovani, come è giovane questo vecchio artista veneziano.

Tratto da un commento del 1968 di Eugenio Da Venezia


Pensieri personali di Eugenio Da Venezia sull'Arte scritti tra il 1986/87

La pittura Veneziana è essenzialmente colore. Questo è stato dimostrato dai nostri grandi Maestri del passato e per citarne solo alcuni: i Bellini (specie Giovanni), Giorgione, Tiziano, Veronese, Tiepolo e tutto il ‘700 Veneziano con Canaletto e Guardi. Questo fu capito dagli Impressionisti Francesi da Manet, Renoir, ecc.
E’ in questo ambiente dove l’acqua emerge ed avvolge tutte le forme, case, palazzi, architetture, barche, gondole, ecc. in un’atmosfera soffusa di luce creando un incantesimo poetico in una armonia e sinfonia di colore. E’ su questo ambiente che è nata la pittura Veneziana … è nata ed essi si sono sviluppati. Questo fu capito dai primi impressionisti Francesi, Manet, Renoir, ecc. e da loro nacque tutta la corrente impressionistica.
La pittura aveva bisogno di riformare alla luce e vitalizzarsi emergendosi nella natura, perché solo da essa natura si può trovare nuova linfa e nuova vita. Ha trovato il modo di esprimersi e di mostrare tutta la sua grandezza e bellezza. E in questo ambiente dove l’acqua, il cielo, la luce a contatto con le architetture e le varie forme creano un labirinto pittorico di colori.


Luce iridescente, grigiore madre-perlato, visione fra sogno e realtà.


Parigi 1947, fatti e pensieri autobiografici sull’Arte scritti tra il 1986/87

Fu ancora nel 1947 che ritornai a Parigi, dopo il primo periodo ante guerra (cioè dal 1935 al 38) che passai invitato dal Duc de Trevise Sauvegarde de l’Art Francaise. In questa mia ultima permanenza ebbi contatto con varie gallerie e galleristi, fra le quali la Galleria de France dove era diretta ed era gerente il Sig. Caputo.
In quel periodo in detta galleria era in corso una mostra del pittore Manessier (Alfred Manessier Saint-Quen 1911 - Parigi 1983), un così detto astratto; fui colpito dal carattere di questi quadri – si presentavano quasi tutti di grandi dimensioni tutti a strisce verticali a forma di canne d’organo con colorazioni a zone angolari varie dal giallo, al rosso, al blu, ecc. e non comprendendo il significato di detti quadri, mi rivolsi a Caputo che da tempo conoscevo (riporto parole sue): “vedi questo quadro rappresenta la battaglia di Anghiesi” al che io gli risposi: “vero Caputo, penso che tu scherzi, non posso credere altrimenti”, ma lui continuò “questo quadro è stato acquistato da un vescovo” e mi pare che fece anche un nome … ne rimasi così meravigliato e mi viene a dirlo che non potevo darmi convinto.
E allora Caputo continuò: “caro Da Venezia devi sapere che l’arte è una magnifica cosa molto difficile da raggiungere e quando in una Francia di grandi artisti c’è né sono come in questo periodo sinceramente da contare sulle cinque dita di una mano ed esistono un numero di gallerie dalle 300 alle 500 nella sola Parigi, delle quali una decina e più di grande classe, cioè che trattano soltanto i migliori artisti francesi e qualche moderno straniero come dei viventi: Matisse, Utrillo, Bonnard. Poiché queste gallerie hanno speso enormi affitti altissimi al centro di Parigi con dependance in altre città e capitali straniere come Londra, New York, Chicago, Buenos Aires, ecc e varie città della Francia impiegati, dipendenti con spese di viaggio a contatto con le proprie dependance, spese di aereo, per viaggi, tasse ecc … sono obbligate a servirsi solo di artisti di grande fama internazionale per poter vendere i quadri a prezzi di vari milioni di Franchi, altrimenti per loro sarebbe un continuo fallimento, capisci caro Da Venezia. E allora come risolvere questo problema se di grandi artisti sono troppo pochi per dare materiale sufficiente per una quindicina di gallerie per tutto l’anno? Ecco dunque sorgere la necessità di creare delle mode, di incentivare l’arte con forme inventate, ricaricare artisti scelti fra quelli che a giudizio dei più esperti critici e mercanti abbiano qualità maggiori e fantasia incoraggiandoli su forme astratte fuori dalla realtà. La nostra esperienza di mercanti ci ha portato a capire che fra il pubblico che ama l’arte, la pittura c’è né una parte grande che ha grande sensibilità, si innamorano delle belle opere specie di quelle dei grandi artisti come Renoir, Manet, Utrillo, Bonnard, ma non hanno mezzi per acquistarle ed una parte di pubblico con molti mezzi che hanno l’hobby di fare la raccolta e pagano qualsiasi cifra perché gli rimane la fama di firma. E fra questi ci sono da aggiungere le varie gallerie statali, comunali, francesi e straniere … e dunque con questa esperienza che noi abbiamo incoraggiato questi artisti e creato una specie di correnti o mode, questo perché il mercato potesse sopravvivere ...”
In conseguenza riecco Picasso con le sue teste, figure alterate, sezionate, composte con segmenti e forme geometriche astratte ecc ... tutto un mondo che ribaltava completamente il rispetto della realtà, la negoziazione assoluta del bello inteso tradizionalmente da secoli d’arte. Cioè arriva la negoziazione di tutto il concetto che dai Bizantini ai post – impressionisti ebbero una fonte ispiratrice: 2la nature”.
Qui si potrebbe citare le parole del grande Leonardo (Trattato della pittura) “se tu sgrezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice di tutte le opere evidenti di natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione la quale con filosofia e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: mare, siti, piante, animali, erbe, fiori le quali cose sono cite di ombre e luci … la pittura è partorita da essa natura ... perché tutte le cose esistenti sono state partorite dalla natura, delle quali cose è nata la pittura …
Un pittore avrà la sua pittura di poca eccellenza se quello piglia per ardore l’altrui pittura: ma se egli imparerà dalle cose naturali farà buono frutto ... (id. id.)...
Quando io ho riferito sulla spiegazione del Caputo, a proposito della mia incredulità davanti ai quadri di Manessie, resta il fatto incomprensibile di dare un titolo soggettivo a un quadro quando in esso non esiste un minimo di relazione fra soggetto detto e forme.
Al mio rientro in Italia dopo qualche mese andai al ministero de la pubblica istruzione, in quanto ero insegnante di pittura nella cattedra di decorazione pittorica all’istituto d’arte di Venezia e incontrandomi con il direttore generale architetto e commendatore De Angelis ebbi l’occasione di riferire sul colloquio avuto con Caputo a Parigi. Talmente lo interessò che desiderava che io facessi una relazione proponendomi che me l’avrebbe fatta pagare dal ministero con 300 o 400 mila lire, cosa però che in quel momento io non aderii giustificandomi che come pittore non volevo sollevare polemiche e incontrare noie con critici e giornalisti ... ma forse ho sbagliato perché era il momento giusto che stava sviluppandosi sempre più le forme più assurde e l’avverarsi della negazione dell’arte.


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