Leone Minassian pittore ha rispettivamente nella città di nascita e di morte un millenario legame di storia. Ad avallare questo Minassian nasce a Costantinopoli nel 1905 e muore a Venezia nel 1978. Dall'attuale Turchia il Maestro, a causa delle persecuzioni razziali compiute dai Turchi sugli Armeni, insieme alla madre e al fratello esilia in Italia, prima a Napoli e poi a Venezia. Proprio nella città lagunare ha modo di sviluppare il talento verso il disegno e la pittura, manifestati fin da bambino. Alterna le lezioni private del polesano Amedeo Bianchi e del veneziano Alessandro Milesi con la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.
La sua vera educazione artistica avviene però tramite la conoscenza di Pio Semeghini, iniziata nel 1925 a Venezia e durata per molti decenni. Nei primi anni della sua attività, sperimenta i più diversi generi pittorici, tutti ispirati al vero: nature morte, paesaggi, nudi, ritratti, vedute e scorci di Venezia, temi rustici (realizzati, questi, nella maggior parte durante i soggiorni trascorsi con la famiglia a Trecenta).
Nel 1924 l’artista inizia a partecipare alle mostre organizzate dall’Opera Bevilacqua La Masa e nel 1930 alle Biennali di Venezia. Strige duratura amicizia con lo scultore Alberto Viani, fu vicino a Giuseppe Santomaso, conosce e frequenta il pittore bolognese Giorgio Morandi e negli anni Cinquanta diventa amico dello scultore Jean Arp.
Nel 1945 si delinea la prima rilevante frattura nello stile di Minassian: il tema prediletto diviene la natura morta, il disegno andò arrotondandosi mentre il colore si incupisce e s'intensifica. Nel 1947 l’artista inizia a esporre in mostre personali, attirando l’attenzione della critica fino ad allora poco interessata al suo operato. In questo intenso periodo creativo videro la luce i suoi primi articoli a stampa, improntati alla riflessione sull’arte. Contemporaneamente, nei quadri dell’artista il riferimento naturalistico divenne di sempre più difficile lettura e le forme si avvicinarono gradatamente alla pittura surrealistica, anche in seguito alla conoscenza di Arp, avvenuta nel 1954.
Su di lui hanno scritto Giuseppe Marchiori, Giovanni Cavicchioli, Carlo Ludovico Ragghianti, Michelangelo Masciotta.
Pur essendo stato uno dei protagonisti più creativi e attenti del secondo dopoguerra italiano, Minassian è lentamente emarginato dalla critica d’arte degli anni Cinquanta, meno tollerante della precedente verso gli artisti alla ricerca di una propria valenza espressiva autonoma, fino a cadere quasi completamente nell’oblio dopo la morte.
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