Neno (Domenico) Mori fin dagli esordi della sua produzione pittorica è possibile individuare i caratteri che diventano in lui tipici: la predilezione per le tematiche legate alla natura morta e alla pittura di paesaggio svolte attraverso lo studio e la resa luministica del dato naturale. Neno Mori pittore parte da una forma tradizionale, solida che inizialmente attinge al realismo e successivamente alle ricerche della tradizione coloristica veneziana.
Neno Mori nasce a Venezia il 03/11/1899 e dal punto di vista artistico inizia gli studi frequentando il Regio Istituto d’Arte seguendo i corsi del pittore Bressanin. Successivamente completa la sua formazione sul campo, all'interno del gruppo che comprendeva gli amici e coetanei quali Eugenio Da Venezia, Fioravante Seibezzi, Marco Novati e Mario Varagnolo, ossia la seconda generazione della Scuola di Burano.
Da segnalare le presenza alle Mostre di Cà Pesaro dal 1920 in poi e i premi che gli sono stati assegnati durante le partecipazioni alla Biennale di Venezia nelle edizioni del '34, '48 e '54.
Personaggio schivo, lontano dalle mode e dal gusto ufficiale, Neno Mori mantenne con orgoglio questa sua libertà nonostante le difficoltà economiche e lo scarso interesse della critica per la sua ricerca. In Mori non ci sono crisi d’identità ma una cosciente e rara coerenza stilistica, svolta senza compromessi, dettata puramente da necessità espressive in una continua ricerca che si protrae fino alla morte avvenuta a Venezia il 02/11/1968.
La pittura di Mori, sostiene il critico d'arte Paolo Rizzi nel testo di presentazione a una Mostra retrospettiva allestita al Centro D'Arte San Vidal di Venezia nel 1975, è venuta formandosi lungi dalle innovazioni linguistiche e dalle sperimentazioni, partendo da due diverse angolature che egli intendeva compenetrare: lo studio dei maestri dell'Ottocento e la presa diretta con la realtà. Veneziana nell'essenza essa si nutre "... dei succhi squisitamente veneti del tardo Cinquecento, in una direzione che è quella di Tintoretto-Bassano ..." e d'altro canto, facendo riferimento anche alla tradizione che risale al Giorgione e al Tiziano, sommando insieme l'istintualità del segno, il luminismo e la sontuosità cromatica degli uni con l'impianto più fluido e sensuale degli altri.
Marco Novati scrisse: “ ... Neno Mori lo conobbi nel 1920. Sono quindi più di quarant’anni. E fummo subito buoni amici. Eravamo un clan di alcuni pittori uniti con affetto e simpatia ... Già da quella volta notavo nei primi assaggi pittorici di Mori una vena coloristica speciale. Orlava certe pere, certe case, certe nuvole con dei colori quasi puti e con una grazia, con un tocco, pieno di fascino. Ed io dicevo: che mani, che occhio!. Poi continuò per la sua strada difficile e dura, come tutti noi del resto e con continuo vantaggio. Le ultime nature morte, gli ultimi paesaggi, i fiori che produce, sono eccellenti in tutti i sensi. Io, ho un debole per il colore, per lo stile, per il pieno della sua pittura. Ritengo che la pittura veneziana moderna, condotta da Mori e da pochi altri amici miei, sia fra le più interessanti cose solide ...”
Nel 2002 le mostre “Neno Mori. 1899 – 1968” presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia e “Neno Mori. Il carteggio con Giovanni Giovannini” presso il Palazzo Cassa di Risparmio di Rovereto.
Nel 2010 la mostra “Settepittori Settemondi. La Bohème di Palazzo Carminati” presso la Torre Massimiliana di Sant’Erasmo, Venezia. Cento opere provenienti da un unico collezionista che scelse Aldo Bergamini, Neno Mori, Marco Novati, Cosimo Privato, Luigi Scarpa Croce, Fioravante Seibezzi e Mario Varagnolo.
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