Emilio Vedova è uno dei maggiori esponenti della pittura informale italiana. Così afferma da pittore: “Le mie opere non sono creazioni, ma terremoti. Non sono pitture, ma soffi".
Nato a Venezia nel 09/08/1919, da una famiglia di artigiani-operai, inizia a lavorare intensamente da autodidatta fin dagli anni trenta: figure e architetture. Influenzato dall’impressionismo durante il suo apprendistato di pittura, nel 1942 Emilio Vedova entra a far parte del gruppo di “Corrente” (Guttuso, Birolli, Lanaro ecc).
Antifascista, dopo l'8 settembre 1943 Emilio Vedova partecipa alla Guerra di liberazione nelle file della Resistenza romana. Successivamente milita, col nome di battaglia di "Barabba" probabilmente scelto per la folta barba che ne avrebbe contraddistinto il volto per tutta la vita, in una formazione partigiana molto attiva sull'altipiano bellunese. Nel corso di un rastrellamento "Barabba" è ferito ma riesce fortunosamente a evitare di essere catturato dai nazifascisti.
Nel 1946, a Milano, Vedova è tra i firmatari del manifesto “Oltre Guernica”. Nello stesso anno a Venezia è tra i fondatori di “Nuova Secessione Artistica Italiana”, pubblicando il manifesto redatto da Marchiori assieme a Renato Birolli, Ennio Morlotti, Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso, Alberto Viani, Bruno Cassinari, Renato Guttuso, Leoncillo e Carlo Levi. Successivamente, su sollecitazione di Guttuso, il gruppo adotta la denominazione di “Fronte Nuovo delle Arti” con altri artisti che vi partecipano quali Consagra, Corpora, Afro Basaldella, Turcato per esempio.
Nel 1948 Emilio Vedova partecipa alla sua prima Biennale di Venezia, manifestazione che lo vedrà spesso protagonista come nel 1952 in cui gli viene dedicata una sala personale, nel 1960 in cui riceve il Gran Premio per la pittura e nel 1997 dove riceve il prestigioso Leone d’Oro alla carriera.
All’inizio degli anni cinquanta realizza i suoi celebri cicli di opere: “Scontro di situazioni”, “Ciclo della Protesta”, “Cicli della Natura”. Nel 1952, Vedova diventa un membro influente del “Gruppo degli Otto” insieme a Afro Basaldella, Birolli, Corpora, Santomaso, Morlotti, Moreni e Turcato. Nel 1954, alla II Biennale di San Paolo, vince un premio che gli permetterà di trascorrere tre mesi in Brasile la cui estrema e difficile realtà lo colpirà profondamente.
Nel 1961 realizza al Teatro La Fenice le scenografie e i costumi per “Intolleranza ‘60” di Luigi Nono con il quale collaborerà anche nel 1984 al “Prometeo”.
Dal 1961 lavora ai “Plurimi”, prima quelli veneziani e poi quelli berlinesi realizzati a Berlino tra il 1963 e il 1964 tra cui i sette dell’“Absurdes Berliner Tagebuch ‘64” presenti alla Documenta di Kassel nel 1964 dove ha esposto anche nel 1955 nel 1959 e poi nel 1982. Dal 1965 al1967 lavora allo “Spazio/Plurimo/Luce” per l’Expo di Montreal.
Intensa è anche l’attività didattica nelle Università americane, alla Sommerakademie di Salisburgo e all’Accademia di Venezia. La sua carriera artistica è caratterizzata da una costante volontà di ricerca e forza innovatrice.
Negli anni settanta realizza i “Plurimi Binari” dei cicli “Lacerazione” e i “Carnevali” e negli anni ottanta i grandi cicli di “teleri” fino ai “Dischi”, “Tondi”, “Oltre” e “…in continuum…”. Negli anni '89-90 lavora ai Monotipi. Riceve numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti. Nel 1998 la grande antologica al Castello di Rivoli.
Emilio Vedova muore il 25 ottobre 2006 a neanche un mese dal decesso della moglie Annabianca.
Nell’anno 2007 si tengono mostre prestigiose: “Ricordando Vedova” presso la Galleria Poli Art di Milano, “Emilio Vedova” presso Sant’Erasmo Torre Massimiliana di Venezia, “Vedova. Monotypes” Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia e infine la mostra “Emilio Vedova 1919-2006” presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Sempre nel 2007 la presenza alla 52. edizione della Biennale di Venezia con “Omaggio a Emilio Vedova. Dialogo con Georg Baselitz” nel Padiglione Venezia.
Nel 2008 “Emilio Vedova 1919-2006” presso la Berlinische Galeerie Landesmuseum für Moderne Kunst, Fotografie und Architektur di Berlino.
Nel 2009 La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova apre al pubblico due spazi che hanno segnato l’agire artistico del Maestro: uno dei Magazzini del sale e lo studio.
Uno dei nove Magazzini, il primo a sinistra per chi guarda dal Canale della Giudecca, grazie ad una convenzione stipulata tra il Comune di Venezia è lo spazio destinato ad accogliere le opere di Emilio Vedova. La vita del Maestro si intreccia in più occasioni con i Magazzini: tra la fine degli anni ‟60 e i primi anni ‟70 utilizzerà temporaneamente il quarto modulo dei Magazzini come suo studio-laboratorio.
Invece lo Studio di Vedova a Dorsoduro 51, proprio sui bordi delle sue amate Zattere alla Salute, è stato l’ultimo grande atelier dove Emilio ha lavorato a partire dalla prima metà degli anni Settanta. Dopo lo studio nella Chiesa di San Gregorio, dopo quello ai Magazzini del Sale, che lasciò dopo averli salvati dalla demolizione, ecco un ex squero del ‘500 dalle pareti sghembe e ondulate illuminato da ampi e luminosi lucernari, un lungo spazio leggermente curvo ritmato da alte e fitte capriate.
Nel 2012 dal 30/06 al 25/11 la mostra "Emilio Vedova. Lacerazione. Plurimi/Binari ’77/’78" a cura di Fabrizio Gazzarri. Presenta per la prima volta insieme 3 cicli Lacerazione completi (II, III e il IV, inedito) e alcuni Plurimi/Binari singoli. I cicli sono installati nello Spazio Vedova, un tempo studio dell’artista, esattamente dove nacquero tanti anni fa.
Nel 2013 la mostra "Vedova Tintoretto" alla Scuola Grande di San Rocco di Venezia fino al 03/11.
Nel 2013 alla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova presso lo Spazio Vedova la mostra "Emilio Vedova ... Cosidetti Carnevali" fino al 24/11.
Colori squillanti. Forse proprio per questo, partendo da Kandinsky e Schömberg, s'è sempre parlato dell'uso sonoro del colore, dovuto anche alla sua frequentazione con Luigi Nono. E proprio al musicista veneziano aveva dedicato i suoi ultimi tre lavori grafici, riuniti in un libro d'arte, Al gran sole carico d'amore, da Egidio Fiorin, per le edizioni Colophon, nel luglio scorso. Vedova e Nono si erano incontrati nel 1942. Poi, nel '60, il compositore aveva dedicato un'opera all'amico. Nono amava la gamma cromatica di Vedova perché vi trovava un'analogia con l'improvvisazione e la sonorità della musica dodecafonica. Colori guizzanti, lampeggianti, si diceva.
Sebastiano Grasso nel Corriere della sera del 26 ottobre 2006 scrive: "L'artista liberava il furore che aveva dentro di sé, con gesti repentini che diventavano forme astratte. E che lasciavano anche perplessi se recitate con una punta di stramberia. Ricordo, agli inizi degli anni Settanta, una sua performance al castello di Pavia, in occasione d'una mostra a favore dei fuorusciti spagnoli. C'ero andato con Rafael Alberti, di cui Vedova era amicissimo. Dopo i soliti discorsi di circostanza, era intervenuto Vedova. Aveva biascicato qualcosa, commuovendosi platealmente. D'un tratto aveva cominciato a tempestare di pugni un suo grande quadro. Gli astanti lo guardavano tra stupore e divertimento. Ma quella di Emilio era una maniera di esprimere la sua collera contro il franchismo. Teatrale? Certamente. Ma efficace.
La recita faceva parte del personaggio e c'era, in lui, in questo, un certo compiacimento. D'altronde egli stesso faceva di tutto per alimentare l'aneddotica che gli fioriva attorno. Un esempio? Qualche anno addietro, due ufficiali della Guardia di Finanza erano andati nel suo studio fingendosi interessati all'acquisto di alcuni dipinti. “Quanto costa, questo?”. “Due-tre milioni”, rispondeva la moglie Annabianca, che aveva capito chi erano i due. “Ma che dici, sei impazzita, per quel quadro ci vogliono cento milioni!”, urlava Emilio, dal fondo dello studio. La scena s'era ripetuta più volte, anche se la moglie aveva cercato di avvertirlo con gesti e gestacci. Finale? Un miliardo e 200 milioni di multa (ridotta, poi, a un miliardo). L'anno dopo, una seconda visita. Stavolta, Vedova aveva capito tutto e subito. Così, dopo essersi allontanato, s'era ripresentato nudo: “Così mi avete lasciato l'altra volta”, aveva detto agli agenti esterrefatti.
Furore, s'è detto. Ma il suo furore non ha conosciuto scuole o correnti. Vedova, a suo tempo, aveva rimesso in discussione il Futurismo e la sua partecipazione a Corrente, a Oltre Guernica, al Fronte nuovo delle arti, al Gruppo degli Otto, all'Action painting, all'Art brut, sino all'Informale coi quali aveva avuto sempre un rapporto di scambio, mai di subordine. In realtà, Vedova ha sempre agito come una forza della natura. L'artista veneziano, che di Venezia ormai era diventato un elemento del paesaggio come San Marco e l'isola di San Giorgio, viveva i suoi dipinti. Una pennellata era un colpo di nervi, un gesto bilioso e selvaggio. E del selvaggio aveva anche l'aspetto, l'istinto vigile. Natura e carattere si fondevano, diventavano ritmo. Angoscia e lirismo, lucidità e pazzia. Di un finto pazzo, però, che in realtà era un genio".
|