Giovanni Barbisan afferma: “io sono nato nei musei, vengo da là”. E’ considerato uno dei maestri veneti della pittura e dell’incisione.
Barbisan non appartiene ad alcuna corrente né ha mai seguito alcuna moda: la sua posizione appartata, la sua profonda conoscenza degli antichi, la sua cultura, l’ironico e affettuoso distacco del suo temperamento d’artista ne impediscono l’inserimento all’interno del groviglio di stilemi che caratterizza l’arte moderna.
Giovanni Barbisan nativo della città di Treviso nel 1914, appena diciottenne nel 1931 s'iscrive ai corsi liberi di nudo di De Stefani all’accademia di Belle Arti di Venezia. Più tardi frequenta decorazione con Guido Cadorin e tecniche d’incisione con Giovanni Giuliani.
Uno spitiro fortemente autodidatta caratterizza il cammino autonomo di Barbisan pittore e incisore. Sicuramente non è da escludere anche l’influsso esercitato dalle opere di Antonio Donghi che l’artista doveva aver osservato in occasione della Biennale del 1932, alla cui edizione partecipa lo stesso Barbisan. L’anno successivo affianca ai segni grafici la pittura ad olio alla Nona Mostra Trevigiana d’Arte.
Nel 1935 Barbisan acquistò da Giuliani un torchio che fu pagato 350 lire. Sarà quel torchio acquistato a Venezia a far diventare la sua casa il primo Centro d’Incisione di Treviso, il punto d’appoggio e d’incontro di molti giovani che con passione, seguendo le orme del giovane maestro, si industriavano ad incidere.
Nel 1937 vanno segnalati altri due fatti di un certo rilievo del suo percorso biografico: la
conclusione del servizio militare, che di lì a tre anni sarebbe in altre situazioni ripreso, e l’inizio
dell’insegnamento nel liceo artistico di Venezia, con l’incarico per il paesaggio, che si protrarrà
con discontinuità sino al 1971. È in effetti il paesaggio uno dei leit motiv dominanti della
produzione di Giovanni Barbisan: profondamente legato alla sua terra veneta, ritrarrà con
particolare dedizione gli amati colli asolani, la campagna trevigiana, gli elementi naturali
segnati dal ritmo delle stagioni.
Negli ultimi due decenni della sua attività, Giovanni Barbisan si dedicò in modo particolare alla campagna toscana e alla selvaggia solitudine della Maremma.
Muore ad Orbetello il 17 giugno del 1988, proprio in quella Maremma che amava come una seconda e più aspra campagna veneta, in modo improvviso mentre termina d'incidere una straordinaria lastra verticale di un bosco di cui era ansioso di tornare a casa per darla ai torchi. Per un curioso ma significativo destino, la sua opera d'incisore lo accompagna sino all’ultimo giorno della sua storia.
Giovanni Barbisan è il meno etichettabile dei pittori veneti: al limite non appartiene né alla generazione dell’anteguerra, né a quella del dopoguerra. Il suo tempo è quello di una rivisitazione del museo, nel senso di un attentissimo filtro culturale che decanta l’oggetto della pittura fino a toglierlo dalla contingenza ad eliminare qualsiasi sua scoria. Infatti si è chiuso in un microcosmo che è la sua cellula vitale: una vecchia casa sepolta nel verde. I soggetti sono appunto quelli familiari: il sole tra le fronde, il ricamo dell’erbetta, la scorza di un melograno, i fiori secchi.
Un lume antico avvolge queste piccole cose. Un’arte intimista. Un Veneto Olandese del 1600, ma nel contempo il venetismo torna come abbandono sentimentale, giorgionesco.
Nel 2014, centenario della nascita, dal 22 novembre al 1 febbraio 2015 presso il Museo di Santa Caterina Di Treviso è allestita la mostra "Dipinti, disegni, incisioni dal 1931 al 1988". |