Gino Rossi è stato il pittore perno della piccola comunità di Cà Pesaro per l’ascendente della sua arte, cultura e personalità. L’ultimo periodo dell’artista non lo deve deformare, perché è colto, raffinato, portato agli studi letterari, di famiglia originariamente ricca e si reca a Parigi nel 1907 a ventitré anni per completare la sua cultura.
Il pittore Gino Rossi nasce il 6 giugno 1884 a Venezia a san Samuele. I primi studi sono al Collegio degli Scolopi a Badia Fiesolana, poi al Ginnasio Foscarini di Venezia che abbandona nel 1898.
Nel 1907 assieme all'amico scultore Arturo Martini si reca a Parigi, dov’è attratto dalla pittura di Gauguin (oltre a quella di Van Gogh e dei Fauves). Sulle orme del pittore di Tahiti, si reca quindi in Bretagna ritornando con alcune opere tra cui il famoso dipinto “La fanciulla del fiore”.
La prima affermazione di Gino rossi a Cà Pesaro e l’inizio dell’amicizia fraterna con Nino Barbantini avviene nell’esposizione del 1910 con tre opere. Dal 1911 risiede a Burano in uno studio attiguo a quello di Moggioli incontrandosi con Pio Semeghini, Luigi Scopinich e altri. Soggiorna saltuariamente ad Asolo e Treviso dove s’incontra spesso con Arturo Martini, Bepi Fabiano e Arturo Malossi.
Il suo primo periodo, dal 1908 al 1914, è sottolineato da una serie di opere eseguite nei soggiorni a Burano (che per lui e altri pittori veneziani costituì una specie di Bretagna) e ad Asolo. Paesaggi bretoni, vedute di Burano e descrizioni di Asolo rivelano influenze diverse, dal sintetismo di Gauguin a certe stilizzazioni liberty. Ma a queste opere fatte di esaltante colore se ne contrappongono altre in cui l'artista denuncia una ricerca formale di rigoroso impegno costruttivo quali “Maternità” del 1913, l'”Educanda” e “Signora in verde” del 1914.
Nel 1916 Gino Rossi è chiamato alle armi dove viene fatto prigioniero. Nel campo di prigionia soffre profondamente tanto che al suo ritorno appare sconvolto, palesando le penose vicende della prigionia che successivamente provocano un progressivo turbamento mentale della sua salute. Il ritorno in patria e i nuovi contatti con l'arte aprono a Rossi nuove visioni e nuovi indirizzi, che portano la sua pittura verso il Cubismo, risalendo fino alle origini della lucida lezione di Cézanne.
Fino al '26 è partecipe della vita artistica veneziana ma non riesce a evitare il ricovero al manicomio di Sant'Artemio in Treviso dove muore il 16 dicembre 1947.
La sua grandezza sta nel straordinario contributo al rinnovamento dell’Arte in Italia negli anni dieci ed inizio venti del XX secolo. L'isola di Burano a Venezia, negli anni tra il 1910 ed il 1912, fu l’età felice vissuta da Gino Rossi. Barbantini scrisse: “i fasti di Cà Pesaro non ebbero inizio che nel 1910, quando ci raggiunsero due tele. Il muto e la fanciulla del fiore, che a me e a pochi amici con gli occhi aperti apparvero bellissime e le levammo ai sette cieli. Anzi la gioventù in persona aveva bussato alla nostra porta”.
Nel 2010 la mostra presso il Museo Civico di Asolo "Gino Rossi, la nostra passione" con venti opere di Gino Rossi, alcune inedite, provenienti da collezioni pubbliche e private.
Nel 2018, dal 23/2 al 20/5/18, la mostra "Gino Rossi a Venezia. Dialogo tra le collezioni di Fondazione Cariverona e Cà Pesaro" presso il museo d'arte moderna e contemporanea di Cà Pesaro, Venezia.
|
Gino Rossi, Ritratto di signora, 1914. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani |
Gino Rossi, Poemetto della sera, 1923. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani |
Gino Rossi a Venezia, mostra Cà Pesaro, 2018 |
Gino Rossi, Burano, 1912-14. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani |
|